A quale santo votarsi? San Rocco e le epidemie nell’età moderna: il caso della comunità di Lucento

San Rocco, il protettore contro le malattie infettive più celebrato nel continente europeo, a lungo rappresenta uno dei principali riferimenti contro l’imperversare di peste e altre epidemie.

San Rocco risana gli appestati, dipinto del Tintoretto, olio su tela, 1549, Chiesa di San Rocco, Venezia (fonte: Scuola Grande Arciconfraternita San Rocco, www.scuolagrandesanrocco.org, CC BY-NC-ND 3.0).

Morire durante un’epidemia era un’eventualità tutt’altro che rara fino a due secoli fa. Solo a partire dal XIX secolo, grazie alle scoperte in particolare di Edward Jenner e Louis Pasteur e il conseguente impiego su larga scala della vaccinazione, l’umanità è riuscita a limitare la diffusione delle malattie virali o batteriche. La possibilità di contrarre qualche contagio mortale, insieme ad altre varie cause oggi difficilmente immaginabili, rendeva quotidiano il sentimento di incertezza della vita.
Per dare un’idea sommaria, se oggi, in Italia, l’aspettativa di vita media supera gli 80 anni, a metà Settecento il dato era estremamente inferiore: a Lucento, territorio della periferia Nord-Ovest di Torino oggetto delle nostre indagini microstoriche, l’aspettativa di vita di un individuo alla nascita era di 20 anni, quando non erano in corso epidemie. Diventerà di 40 anni sul finire dell’Ottocento e di 47 alla vigilia della Prima guerra mondiale. La precarietà dell’esistenza tipica dell’età moderna si intrecciava con le ragioni di una religiosità popolare che si esprimeva nel culto dei santi protettori. È per questo interessante osservare il rilievo storico della presenza di una cappella intitolata a san Rocco sul territorio di Lucento.
Il culto di san Rocco, protettore contro la peste e poi contro le malattie contagiose in genere, conosce una grande diffusione in tutto il continente, in particolare fra il 1475 e il 1530. Il santo diviene uno dei personaggi più venerati della cristianità e, come viene scritto in quel periodo, la sua devozione penetra nella popolazione «in cusì breve tempo […] nel inteletto et viscere de caduno» (come ricorda H. Dormeier in Un santo nuovo contro la peste, 2006).
San Rocco – la cui ricorrenza cade il 16 agosto – supera così in popolarità altri santi come Sebastiano e Antonio Abate. Ciò avviene forse per l’immediatezza e il potere evocativo della sua immagine: il santo viene rappresentato con abiti e accessori da pellegrino, accompagnato da un cane, nell’atto di mostrare allo spettatore una piaga sanguinolenta su di una coscia. La sua iconografia – suggerisce la psicologa Tilde Giani Gallino in L’albero di Jesse (1996) – diviene archetipo della lotta contro la morte e del potere di generare la vita.
Dopo la pandemia del 1348, che uccise almeno un terzo della popolazione europea, la peste, cioè «il pestifero e contagioso morbo» – come l’avrebbe definita nel Cinquecento il medico siciliano Giovanni Filippo Ingrassia – rimase endemica in Europa per oltre tre secoli, divampando ciclicamente in regioni diverse, fino all’ultima grande epidemia, quella che colpisce Marsiglia e parte della Provenza nel 1720, provocando oltre 90.000 morti (vedi Scorci. Dagli all’untore). Oltre alla peste, altri flagelli epidemici come il vaiolo, il colera o l’influenza spagnola avrebbero continuato a imperversare in Europa fino al Novecento.

L’antica cappella di San Rocco di Lucento (TO), oggi non più esistente, raffigurata in un Cabreo del 1713 dell’Ordine della Commenda di Malta, particolare (fonte: ASTo, Ordine di Malta, Commenda di Torino, Mazzo 232, Cabreo 1713, f. 27).

Tornando all’esame del nostro territorio, conosciamo l’esistenza di una cappella campestre dedicata a san Rocco, presente fino ai primi anni del secolo scorso. Essa si trovava laddove il podere della Commenda di Malta si affacciava sulla strada pubblica , nella parte centrale del territorio, quella dei Tetti e delle altre case sparse, che in epoca moderna era la zona di maggiore densità abitativa  , ora non più esistente).
L’anno di costruzione del manufatto sacro è ignoto, ma potrebbe collocarsi nel periodo tra la fine del Cinquecento e la metà del Seicento, quando Lucento ha ormai assunto l’assetto insediativo moderno e quando diverse epidemie di peste interessano tutta Europa, tra le quali quella “manzoniana” del 1630. Allo stato attuale della ricerca, per questo periodo, nelle fonti non esistono notizie della cappella, o delle modalità in cui il suo santo titolare veniva festeggiato, e la prima attestazione documentale della chiesetta è in una mappa del 1689.

San Rocco (XIX secolo). Affresco presente sulla facciata esterna della cappella di San Rocco al Ponte del Diavolo, Lanzo Torinese (TO) (foto di W. Chervatin, 2008, Centro di Documentazione Storica della Circoscrizione 5 di Torino)

La cappella viene ristrutturata o riedificata nel 1745, grazie all’elemosina della comunità locale, proprio negli anni in cui, nel torinese, un’epizoozia costringe i magistrati di sanità a ordinare l’abbattimento di migliaia di bovini e ovini risultati infetti. Nel caso specifico di Lucento, bisogna però tenere in considerazione che dietro la celebrazione del santo si sovrappongono anche altri significati, mutevoli nel corso del tempo, che riguardano il modo in cui la popolazione interpreta l’appartenenza alla comunità e i codici di comportamento adottati dalle sue varie componenti.

Approfondimenti
Sulla vicenda locale: W. Chervatin, La cappella e la festa di San Rocco a Lucento, in «Quaderni del CDS», 9/2006, pp. 109-124.
Sulle modalità in cui viene affrontata l’epidemia di peste nell’Italia del Seicento: C. M. Cipolla, Il pestifero e contagioso morbo. Combattere la peste nell’Italia del Seicento, il Mulino, Bologna 2012.


Autore dell’articolo Walter Chervatin

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